Silenziosa
come l’esecuzione.
Non conosco il luogo,
l’odore è quello della mattanza.
Incappucciato,
gli ultimi passi…
l’intensità di allora.
In ginocchio,
tu, il mio ultimo desiderio,
in caduta libera,
un soffio d’aria sulla nuca.

Onda

che porta lontano,

che culla e accarezza

i sogni di ognuno.

Onda

che specchia dal cielo la luna,

che lega il presente

a ieri e domani.

Guerriero bendato,
brandisco la mia spada
fendendo l’oscurità.
Potrei offendere nemici
ma anche amici,
questo è il rischio.
Respiro profondamente,
ripongo l’arma al mio fianco,
la mano ben stretta sull’elsa
pronta a sguainarla rapido.
In attesa dell’attimo,
quando l’ira mi donerà la vista
squarciando il buio acciecante

Non era un gran tifoso, il calcio era un piacere per lui. Chiunque giocasse. Però c’era una squadra che lo attraeva, una squadra di quelle sfortunate, di quelle che non vincevano mai, di quelle che fanno soffrire fino alla fine anche se giocano con l’ultima in classifica. Forse gli piaceva perchè era un caso da psicanalizzare, un qualcosa di strano, comunque sia. Adesso quella squadra qualcosa la vince, chissà se vincerà qualcosa di importante e che non ho nemmeno io mai visto. Fatto sta che ogni volta che mi accomodo in poltrona per vedere una partita dove gioca questa squadra, un pensiero glielo mando, o peggio, mi viene di chiamarlo al telefono. Vabbè, magari la partita se la vede meglio lui.

Avvolta dalla nebbia

mi confondo con la nave,

in compagnia del silenzio

osservo l’equipaggio

e cerco il mio faro.

Sorrisi

come sciabole affilate

in foderi di velluto.

La battigia, la spuma, la risacca, l’orizzonte, il cielo.

Mi rifugio in questo nero mare

in balia della tempesta.

Inerme, attendo

il sorgere del sole.

Spavento,
lo specchio riflette paura.
Delusione,
mi circonda il vuoto.
Amareggiato,
da ciò che ho accanto.
Triste,
dentro
.